Quando collaboravo con la mia prima agenzia investigativa di Treviglio in Provincia di Bergamo, iniziai subito ad occuparmi di indagini criminalistiche e a frequentare, mio malgrado, criminali per lavoro. Il titolare dell’agenzia investigativa per cui lavoravo mi spiegò: “non puoi essere amica di un delinquente abituale, al massimo puoi provare simpatia per un truffatore, per un ladro o persino per un rapinatore e per un gangster. Ma per chi usa violenza contro moglie e figli nessuna pietà; non sono umani come noi”.
Forse l’investigatore privato che mi fece da mentore era un po’ drastico, ma come dargli torto? Ogni volta che la mia agenzia investigativa Cyanea di Cassano d’Adda viene chiamata ad occuparsi di un caso di violenza di genere o domestica non posso che condividere il pensiero del detective privato.
In questi giorni, seduta nella mia agenzia Investigazioni Cyanea di Cassano d’Adda, ho letto che si è consumato l’ennesimo femminicidio a Senago in Provincia di Milano: Alessandro Impagnatiello ha ucciso la compagna Giulia Tramontano incinta del loro bambino, perché lei aveva scoperto che lui aveva l’amante.
Fin qui, da donna e investigatrice privata, ho sperato che si fosse trattato di un incidente durante una furibonda lite, di un omicidio preterintenzionale o colposo per uno spintone di troppo o qualcosa del genere. E che poi l’Impagnatiello avesse portato i due cadaverini in un’area verde di Senago, depositandoli lì delicatamente tra la disperazione e lo stato confusionale in una sorta di rifiuto per ciò che aveva fatto. Invece no: l’Impagnatiello ha assestato due coltellate mortali alla sua donna e al loro figlio che lei portava in grembo.
Allora, da titolare dell’agenzia investigativa Cyanea di Cassano d’Adda che ha visto le peggio cose tra i così detti umani, ho pensato che il criminale si fosse sbarazzato dei suoi due omicidi tra rimorsi e disperazione, sempre in una sorta di rifiuto per quello che aveva fatto e per come aveva scoperto d’essere. Invece no: il criminale ha tentato di bruciare per ben due volte i cadaverini di suo figlio e della sua compagna Giulia Tramontano. E siccome, oltre che non essere come noi umani è anche diversamente intelligente, ha scoperto solo allora di quanto sia difficile far scomparire un cadavere col fuoco, persino avendo a diposizione un altoforno, figuriamoci con un po’ di alcol e benzina. Infine questo inqualificabile delinquente si è sbarazzato dei due cadaverini, trasportandoli nel baule della sua autovettura, come fanno i gangster coi loro nemici appena eliminati.
Ma il peggio del peggio si è verificato dopo il delitto, quando l’assassino con le mani ancora sporche di sangue ha chiamato l’amante (che aveva già costretto ad abortire) per vederla, perché, secondo lui, era finalmente libero.
Riconsiderandolo, il pensiero del titolare della agenzia investigativa di Cassano d’Adda, che mi fece da mentore, non è affatto drastico; spero che i giudici sbattano Alessandro Impagnatiello in galera e gettino via la chiave. Non c’è niente da recuperare o rieducare in uno così, persino la pena di morte (verso cui sono sempre stata ferocemente contraria) assume un senso con certi assassini.